domenica, gennaio 20, 2008

Amore antico

Un pensiero che ti tiene compagnia, nei momenti in cui sei solo.
La testimonianza di un passato in cui eri qualcuno o forse no, non lo sei mai stato.
Una menzogna se hai bisogno di qualcosa da rimpiangere.
Un sorriso se ti senti di sorridere.
Un ricordo tanto lontano da poter modellare a piacimento, uno specchio da deformare, la bugia di cui hai sempre bisogno.

domenica, gennaio 22, 2006

Amore salterello

T'ho incontrato in un sorriso,
t'ho fermato con un bacio
ripetevi: "starò sempre con te"
anche mentre andavi via.
Poi di nuovo abbiam ballato
in girotondo, povera mia testa,
nuovi capelli, nuovi fianchi,
ma la stessa luce nei tuoi occhi.
Bello, quando vieni saltellando
ti adoro anche quando ti neghi
perché nel frattempo sei venuto di nuovo
e, magari, già partito

lunedì, gennaio 16, 2006

Camminando camminando

Buco, inciampo, testa marciapiede.
Ah che male!
Ah che dolore!
Ah che male!
Ah che dol... che fica!

domenica, gennaio 15, 2006

Non ho niente da dire

Non avete mai capito niente
e tutto quel che ho detto
ho smesso di pensarlo il giorno dopo.
Non sono un eroe della giustizia
e neanche un diavolo irredente
sono un uomo normale ed è da me che scappo.
E tanto per cambiare
per non perder lo sprizzo giovanile
è la normalità che abbraccio
fino a soffocarla.
E voglio vederla morire
tutta blù con gli occhi a palla
nel fare tutti i giorni sempre le stesse cose
nel percorrere un futuro senza mai sorprese
vedrò lei che soccombe in un fantasia deviata.
Io sono un uomo vile
incapace a ribellarsi
urlo e strepito disperatamente
ma solo di nascosto.
Desidero il mondo ai miei piedi
come in un sogno erotico
un sogno tutto umido
che bagna il mio deserto.
E allora lasciatemi urlare
guardate me, diverso
parlate di giustizia
e di cose più importanti.
Io sono un uomo vile!

sabato, gennaio 14, 2006

Agenda

Cerco tra le pagine di una agenda vuota,
non ho nulla da fare che noia, che fortuna!
Guardo fuori, gente che passeggia,
parla a caso.
Guardo la tv, gente che balla,
parla a caso.
Sorrido compiaciuto per la noia,
sono foturnato!

lunedì, ottobre 03, 2005

Aria di libertà

"Ok, niente panico!" pensò Nordoth, "Non tutto è perduto, posso sempre cacciarla fuori di casa e dire di non aver mai visto nessuno, nessuno penserà che la principessa sia venutaa casa mia."
La ferma mano del taglilegna questa volta tremava, la paura percorreva la sua schiena provocandogli continui brividi, i suoi sensi erano allarmati, cercava di rimanere calmo ma sapeva di essere in pericolo di vita.
Lo avrebbero sicuramente accusato di rapimento.
Sentì la porta aprirsi alle sue spalle, il suo collo si bloccò e il braccio si irrigidì, lo spiedo era ancora nella sua mano, avrebbe colpito.
Al rumore della porta, seguì il rumore di un passo leggero, si trattava del cane.
Meglio così!
Afferrò la principessa per il braccio, lei si divicolò, lui la strinse ancora più forte e la tirò fuori in malo modo dalla dispensa, si diresse verso la porta trascinandola, lei si aggrappò al tavolo.
La pentola oscillò pericolosamente, lui tirò più forte, lei disse: "Lasciami stare, per pietà, lasciami stare!".
Un pianto convulso, lacrime che le rendevano il volto sofferente e luccicante insieme, Nordoth ebbe pietà.
Lasciò cadere la ragazza, si diresse alla finestra, la aprì e disse, "Questa finestra non è visibile dalla strada, esci da qui, nessuno ti vedrà, ma vai e corri veloce, io non voglio avere guai per te!"

martedì, settembre 27, 2005

La capanna del taglialegna

Nordoth il taglialegna, stava rientrando in casa, la passeggiata quella sera non era stata molto lunga, ma lo squillo di quelle trombe e il rumore di tutti quei cavalieri in giro nella notte non prometteva nulla di buono, meglio tornare a casa e mettersi a dormire, troppo spesso aveva assistito alla giustizia sommaria che tanto divertiva le truppe scelte del Re; meglio evitare il tutto.
Spinse il battente legnoso e bucherellato che dava alla sua modesta casa, entrò e lo chiuse velocemente alle sue spalle, avendo cura di sprangarlo con un lungo pezzo di legno avanzato dalla legna del camino.
Prese a camminare verso il letto e schiacciò col piede destro alcuni cocci; tremò.
La sua casa era a posto prima che lui uscisse, non ci sarebbe dovuto essere nulla a terra, cosa stava calpestando?
E soprattutto: chi lo aveva rotto?
Fece un passo indietro, prese lo spiedo che stava appoggiato sul fianco del camino, quindi un passo sulla sinistra, fino a raggiungere la candela.
La accese, una luce tremola riempì la stanza, sentì un presenza, quasi un respiro, provenire dalla dispensa, si avvicinò, strinse forte lo spiedo, posò la candela sul tavolo e aprì di scatto lo sportello alto e leggero, poi impallidì.
Di fronte a lui vi era un figura magra, ripiegata su se stessa nel tentativo di nascondersi, i capello legati in modo molto ben ordinato e lo sguardo verso il pavimento.
Era la principessa.
Nordoth capì di trovarsi veramente in guai seri.

lunedì, luglio 18, 2005

Una situazione inaspettata

Torniamo ora ai nostri piccoli briganti.
Grom e Lerter si aggiravano nel castello senza meta pensando che avrebbero trovato la principessa ma senza avere alcuna idea, nel frattempo si rendevano conto che stavano perdendo tempo ma notavano strnamente che nessuna guardia era corsa a fermarli, anzi, ripensandoci, nesseuna guardia stava per i corridoi, cosa stava succedendo?
L'unico gendarme era quello addormentato sulle scale, e poi deserto.
Doveva essere successo qualcosa, non poteva essere tutto così sgombro.
Grom cominciò a preoccuparsi, temeva l'avvicinarsi di un nemico mentre Lerther continuava a camminare col suo solito passo molleggiato.
"Quì non c'è nessuno, Grom!" disse Lerther.
"Zitto!" sibilò Grom "Ci potrebbero scoprire."
"E chi ci potrebbe scoprire? Non c'è nessuno." disse Lerther.
"Hai ragione" Grom prese a parlare ad alta voce "Quì non c'è proprio nessuno. Meglio così! Non abbiamo bisogno di nasconderci. Ma come faremo a trovare la principessa?"
Sentirono dei passi e dei rumori metallici e dei nitriti nel cortile, si affacciarono da una delle finestre, videro alcuni soldati salire in fretta sui cavalli e muovere verso il ponte di ingresso.
Il suono di un corno riecheggiò dal bosco, di fronte, Grom a quel punto capì, i soldati erano usciti , stavano cercando qualcuno, stavano cercando la principessa.

domenica, luglio 17, 2005

Camminando sul sentiero

Le fredde parole dell'indovino, avevano lasciato sgomento il giovane Sindermint.
Poi si rinfrancò.
"Sono stato proprio uno stupido", pensò, "continuo ancora a dare peso alle parole degi indivini", scoppiò in una fragorosa risata, "quasi quasi torno indietro e mi prendo la sua mano", rise ancora, "senza una mano non potrà fiù fingere di fare incantesimi".
Mentre nei suoi pensieri confusi cercava modo di tirarsi su, i suoi piedi non esitavano e lo conducevano a passo svelto verso la maestosa capitale, la città dalle verdi torri e dalle mura impenetrabili, la città che anni addietro si era imposta sulle vicine fino a formare un grande regno, la città che aveva dato inizio ad un'era di pace, Mitebe la superba.
Era a Mitebe che abitava l'uomo da assassinare; era un problema, la città era piena di guardie, uscire dopo aver compiuto un omicidio era praticamente impossibile, sarebbe stato catturato, giudicato e condannato a morte.
Mai però a Sindermint, venne in mente di venir meno alla sua missione, l'aveva giurato, avrebbe fatto quel che doveva.

martedì, luglio 12, 2005

L'indovino

La mano rugosa, sfiorava una foglia secca spezzettandola senza quasi toccarla, un movimento ampio elegante e a tratti pareva ricordare l'arte di un abile borseggiatore.
La domanda era semplice, secca, niente da filosofare ma in attesa di un "si" o di un "no".
Il cappuccio scuro copriva i capelli bianchi che scendevano lungo le spalle, le unghie delle dita giallastre fendevano l'aria quasi ad affettarla, sembrava che fischiassero, alcune parole vennero sussurrate, parole antiche, parole arcane.
Quanto rimaneva della foglia venne sparso nell'aria, volando dappertutto nella stanza, un minuscolo pezzo si attaccò ad una ragantela all'angolo della stanza, il ragno rimase immobile.
Di fronte all'indovino stava dritta una figura oscura, col capo chino di chi è tanto tempo che non sorride e una mano sul'elsa della spada, la spada ragalatagli dalla sua bella in una fredda giornata invernale, una spada che chiedeva sangue.
Queli occhi azzurri che tanto dolci erano apparsi nei suoi sogni, gli avevano chiesto di uccidere, gli avevano chiesto di togliere la vita, ma perché?
Perché non godere semplcemente del loro giuramento d'amore, perché esigere un pagamento di sangue, di una persona per lui sconosciuta per giunta?
Ma non era questa la domanda che era stata sottoposta all'indovino, a lui veniva chiesto qualcosa di molto più importante, se anche lui fosse stato ucciso nell'impresa, quello sguardo avrebbe continuato a risplendere?
La risposta dell'indovino fu criptica: "Non si può uccidere chi è già morto".
Detto questo indicò la porta al suo giovane cliente e lo invitò ad uscire.

sabato, giugno 18, 2005

Il rumore di una porta

Era un enorme battente legnoso, incernierato in due punti e con una serratura di grossolana fattezza. Quando si aprì non sembrò chiaro se fosse il rumore dei cardini arruginiti a disturbare il sonno dei castellani o lo squittio di un enorme ratto.
Si trattava della porta di servizio per l'accesso alle cucine del castello di Linth, i due fratelli scesero dal carro e presero a camminare in direzione delle scale. Grom non era mai stato nel castello, ma immaginando che i potenti dimorassero nei piani alti decise di dirigersi verso l'alto.
Lerter raccolse il pezzo di pane che aveva schiacciato col sedere e lo mise in tasca.
"Non ho mai visto pane così fresco e morbido" pensò.
Ormai l'avventura era cominciata, i due fratelli erano entrati nel castello, il dado era stato tratto, non ci si poteva più tirare indietro.
Non fu difficile salire le scale, le guardie che le sorvegliavano erano troppo compiaciute della propia divisa ordinata e del vino che avevano bevuto, per poter sorreggere il peso delle palpebre, Lerter e Grom presero a camminare in un lungo corroio disseminato di porte chiuse, ma i due birbanti non avevano idea di cosa vi si celasse; la tanto agoniata stanza della principessa o la camerata delle guardie?
Una riga di sudore scese dalla fronte di Grom e gli entrò nell'occhio destro, si asciugò con la manica della sua casacca sgualcita. Cosa fare ora?

domenica, giugno 12, 2005

In una baracca

"Guarda! Ti è caduta la maschera cretino!
Ti cade la maschera e nemmeno te ne accorgi, come faremo a rapire la principessa?
Ricordati il castello ha sei torri e dovremo stare molto attenti per non farci vedere dalle guardie, entreremo col carro del panettiere la mattina presto e rapiremo la principessa."
"Io non credo che sia una buona idea, fratellone" rispose Lerter, "La principessa è una così brava persona, perché dovremo rapirla? E se poi si farebbe, facesse, faccerebbe male?"
"Per farci dare il riscatto, cretino! Poi compreremo una grande fattoria, tu lavorerai, e vivremo sempre felici, non è giusto che lei possa vivere in un castello mentre noi dobbiamo spaccarci la schiena per vivere, ricordi com'è morto il babbo?" disse Grom.
"Ma il babbo è morto impiccato per furto!" mugugnò Lerter.
"Perché trovava ingiusta l'idea di lavorare e spezzarsi la schiena mentre altri non muovevano mai un dito, il suo era un sogno politico! Prendi anche la corda!" riprese Grom.
"Anche noi lo facciamo per un sogno politico, vero Grom?" domandò Lerter.
A quel punto Grom si alzò in piedi deciso, prese a guardare il soffito cadente e pieno di ragnatele con aria sognante e disse: "Noi lo facciamo per un mondo migliore!"
Poi prese un vecchio pugnale arrugginto e lo nascose nello stivale.

domenica, giugno 05, 2005

Il taglialegna

Non lontano dalla panetteria, pochi metri al di la del fiume, gli alberi cominciavano a serrarsi e proprio in quel principio di bosco vi era la dimora del taglilegna.
Uomo rude, completamente assorbto dalla fatica del suo lavoro, difficile pensare che una persona dai lineamenti così duri provvedesse a rendere meno freddi gi inverni.
Vestiva sempre di una maglietta blu e un pantalone ricavato da un sacco malandato, con una macchia rossa sulla coscia destra, procurata un'estate durante la raccolta dei pomodori.
Quando saliva nel bosco per cacciare si copriva con un vecchio mantello, aveva più buchi che zone sane, ma lui diceva, nell'orgolo della sua povertà, che era ciò di cui aveva bisogno e che andava bene così.
A renderlo importante per la nosta storia era la sua abitudine per le passeggiate notturne, egli aveva visto la principessa in procinto di fuggire e aveva letto negli occhi di lei la voglia di esplorare il mondo.
Pensò che la pricipessa prima o poi si sarebbe messa nei guai ma in fondo la cosa non lo riguardava, lui doveva pensare al suo lavoro per sopravvivere.

mercoledì, giugno 01, 2005

La bella e la principessa (2)

Il cuore della bella però, era stato domato, occhi troppo profondi per poterli ignorare, un sorriso troppo tenero per non poterlo baciare. Il nome di lui non ha importanza, importanti erano le ore passate a sorridere e mordersi le labbra, abbracciati nel fienile, mentre fuori splendeva il sole o scendeva la pioggia, quanto li circondava non aveva alcuna influenza su di loro.
Intanto la principessa viveva nel castello, una sera la guardia dormiva, lei si avvicinò alle porte del castello, poteva prendere fiato cominciare a correre e fuggire, le sue gambe sembravano muoversi da sole, davanti a lei la strada e su di lei soltanto il cielo, ma non lo fece.
Era troppo impegnata a desiderare la libertà per potersi accorgere di averla già tra le sue mani. La luna rimase a fissarla mentre, con lo sguardo basso, rientrò nelle sue stanze, tra imponenti armature e arazzi dorati, con gli occhi spenti e tristi tanto da spegnere la luce delle stelle.

La bella e la principessa

C'era una volta, in un posto molto molto lontano, una fanciulla incantevole, i capelli d'oro, lo sguardo azzurro come il cielo, i fianchi colline rigogliose, i cuori dei giovani si scioglievano quando lei posava i suoi occhi su di loro.
Figlia del re era una principessa, persona di grande cuore, i lineamenti dolci come quelli di una fata e un sogno nel cuore.
Il mare azzurro, un confine invalicabile per lei, doveva assolvere ai compiti della vita di corte non sarebbe potuta mai partire.
La principessa era costretta a studiare la lingua, l'aritmetica, le arti e la politica, ma ogni volta che poteva saliva sulla torre più alta e invidiava i gabbiani, liberi, che sorvolavano le onde.
Troppo sognatrice per pensare agli affari di stato.
La bella lavorava invece in una panetteria, costretta a faticare incessantemente notte e dì.
Sua cliente una ricca contessa, da lei invidiata moltissimo, una persona così ricca che poteva permettersi tutto quello che voleva, libera dal lavoro, con tutto il tempo da dedicare a se stessa.
La bella perdeva il suo tempo tra nuvole di farina che le imbiancavano i capelli.